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L’EDITORIALE DI LUGLIO

L’EDITORIALE DI LUGLIO

La punta di un iceberg

Lo scorso mese di marzo l’ATSB, autorità australiana per la sicurezza del volo, ha pubblicato la relazione d’inchiesta finale su un incidente che appare quasi fantascientifico: nella notte del 18 luglio 2018, l’Airbus A330 9M-MTK di Malaysia Airlines, è decollato da Brisbane, Australia, diretto a Kuala Lumpur, Malesia. A bordo 215 passeggeri e 14 membri dell’equipaggio. Gli strumenti hanno immediatamente segnalato un’anomalia di velocità con indicazioni molto basse e con segnale di allerta rosso, ma i piloti (stanchi e sotto pressione) hanno continuato la fase di decollo comunicando una situazione di emergenza una volta in volo, comunicazione che non è stata ascoltata dal controllore di turno, probabilmente stanco anche lui. I piloti sono arrivati a 11.000 ft e hanno iniziato a circuitare cercando di capire cosa fosse successo; hanno quindi disattivato l’acquisizione dati attivando il sistema BUSS (back up speed scale) che ha fornito indicazioni attendibili con le quali è stato possibile atterrare nuovamente a Brisbane. Una volta a terra si è scoperto che nessuno dei tre copri pitot era stato rimosso dal velivolo. La relazione è molto interessante e contiamo di pubblicarne una breve sintesi appena lo spazio ce lo consentirà, ma le conclusioni sono sconfortanti: ATSB ha infatti accertato gravi problemi di coordinamento durante le check list a terra (di fatto non completate), l’uso di copri pitot non conformi a quelli certificati da Airbus (banda rossa molto corta, difficile da vedere in caso di controlli “affrettati” o interrotti, come in questo caso) e, ovviamente, gravi problemi di coordinamento tra i piloti in fase di decollo, dovuti sia a carenze organizzative, sia alla stanchezza operativa che ha impedito ai piloti di accorgersi sin dai primi istanti del decollo dei dati di velocità inaffidabili e degli stessi allarmi.

Ancora più scalpore ha causato la notizia di quanto accaduto lo scorso 30 aprile al volo ITA AZ609 decollato da New York con destinazione Roma Fiumicino: per circa 10 minuti il comandante non aveva risposto alle chiamate radio dei controllori francesi generando una comprensibile situazione di allarme. Il volo si è concluso regolarmente, ma il comandante è stato poi licenziato in tronco. Episodio che ha destato grande clamore mediatico, e che è stato valutato con grande amarezza dagli operatori del settore che ben sanno quanto i livelli di fatica operazionale, complici i tagli agli equipaggi ovunque sia possibile (e anche dove non sarebbe possibile) incidano sulla capacità dei piloti di lavorare con le necessarie attenzione ed energie. ITA afferma che il licenziamento è dovuto al fatto che il comandante “ha mentito” su quanto accaduto, facendo così venir meno “il rapporto fiduciario in ambito lavorativo”. Come se la Just Culture non fosse mai esistita! In pratica si risolve il problema eliminando un professionista, senza che nessuno si domandi “perché” ha mentito, se davvero lo ha fatto. E, ve lo assicuriamo, senza che nessuno prenda le necessarie decisioni (che sarebbero costose per le compagnie), per affrontare un problema reale e grave.

Episodi che non sono altro che la punta di un iceberg: senza scomodare la follia Boeing, che con la gestione dell’affaire 737 MAX ha di colpo cancellato anni di esperienza e di immagine (Boeing era, nel mondo, sinonimo di affidabilità), e senza dover tornare su aspetti tecnici, uno per tutti il problema che affligge gli Airbus A350 in Qatar con la vernice che letteralmente scoppia lasciando scoperta la pelle inferiore di fusoliera, il quadro dell’aviazione commerciale è oggi sconfortante ed esige interventi immediati su più fronti. Interventi reali, non direttive cartacee di EASA o di FAA: la pandemia ha messo in ginocchio più della metà delle compagnie aeree, i costi aggiuntivi per il fermo prolungato dei velivoli e per le nuove norme di sicurezza anti Covid hanno dato un colpo pesantissimo a un settore che sembrava in crescita inarrestabile e che, come già si sapeva da tempo, sta risparmiando su tutti i fronti possibili, con ricadute inevitabili sulla sicurezza volo. Saranno necessari cambiamenti decisi e rapidi, cambiamenti che avranno impatti positivi sull’operatività e sulla sicurezza volo, almeno ce lo auguriamo, ma che incideranno sulla vita di tutti noi. Perché, tralasciando per un attimo la pandemia e le follie progettuali e strategiche dei grandi gruppi produttori di liner, alla base di tutto c’è solo un problema di soldi: se vogliamo continuare a pagare i voli 30 o 45 euro, non possiamo poi pretendere che le compagnie non attuino risparmi ovunque possibile (e anche dove non sarebbe possibile). Risparmi che sono applicati sia dalle compagnie low cost, sia da quelle più blasonate. La sicurezza costa, facciamocene una ragione.

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